Van Gogh e l'orecchio tagliato: colpa della sindrome di Ménière?
L’aneddoto dell’orecchio tagliato di Van Gogh fa parte del vasto patrimonio delle curiosità bizzarre sui più influenti personaggi della storia. La ricostruzione di quanto successo è ancora oggi argomento di discussione tra gli accademici di tutto il mondo. E le varie rivelazioni emerse negli ultimi anni contribuiscono a gettare un alone di mistero su questo episodio controverso.
1La versione ufficiale e altre ricostruzioni
Il forte litigio con il collega e amico Gauguin, la furia autolesionista, la mutilazione del lobo sinistro ed il lugubre regalo impacchettato con fogli di giornale e consegnato a Rachele, una prostituta che lavorava nel bordello frequentato da entrambi gli artisti. Questa, in sintesi, è la versione della storia più accreditata, ma certamente non è l’unica ricostruzione fornita dai critici dell’arte.
Qualcuno sostiene che sia stato lo stesso Gauguin ad operare il taglio durante l’alterco con l’artista olandese che avrebbe preceduto l’atto di autolesionismo. Qualcun altro, invece, contesta le motivazioni alla base del gesto: l’automutilazione dell’orecchio sarebbe stata la reazione furiosa di Van Gogh alla notizia del matrimonio di Theo, il suo amato fratello. Secondo il giornalista britannico Martin Bailey, autore di questa inedita ricostruzione, l’ira del pittore sarebbe derivata dal timore di perdere il sostegno economico di Theo, la sua unica fonte di reddito nel periodo in cui non riusciva a vendere alcun quadro.
Anche l’identità della donna che ha ricevuto il tetro omaggio è oggetto di mistero (forse non era una prostituta, ma la figlia di un agricoltore o una cameriera), così come l’effettiva portata della mutilazione. Soprattutto dopo il ritrovamento di uno schizzo realizzato dal dottore che curò Van Gogh durante la sua permanenza nel nosocomio dell’Hotel-Dieu, l’antico ospedale di Arles, tra il dicembre del 1888 ed il gennaio del 1889. Il disegno, infatti, mostra l’orecchio dell’artista completamente compromesso, a testimoniare che l’asportazione, molto probabilmente, riguardò buona parte del padiglione auricolare sinistro.
E se fosse stata una reazione ai sintomi di Ménière?
Nessuno scatto di follia: Van Gogh si sarebbe tagliato l’orecchio sinistro perché non riusciva più a sopportare i sintomi della sindrome di Ménière. Questa è la versione portata avanti da alcuni studiosi e convalidata dagli esiti di una ricerca pubblicata su JAMA nel 1990, la cui traduzioni in italiano è stata resa disponibile online dall’ AMMI – Associazione Malati di Ménière Insieme.
Dopo una revisione di ben 796 lettere personali indirizzate a familiari e amici, scritte tra il 1884 ed il 1890 (anno del suo suicidio), gli autori arrivarono alla conclusione che la diagnosi di epilessia formulata dal medico del nosocomio di St. Remy, il dottor Peyron, non fosse corretta e che tutti i sintomi descritti nelle sue lettere porterebbero a pensare alla sindrome di Ménière.
Negli scritti, infatti, Van Gogh parla di violenti vertigini accompagnate da nausea, vomito, intolleranza ai rumori e tinniti. Li descrive come sintomi che si presentano anche a distanza di tempo, disabilitanti, con fluttuazioni e perdita di udito. Insomma, tutte descrizioni che a detta degli autori sono tipiche dei pazienti affetti dalla sindrome di Ménière. Incluso il nistagmo, ovvero il movimento incontrollato degli occhi, che – secondo i ricercatori – potrebbe essere stato interpretato dai medici di Van Gogh come la manifestazione di una persona in preda ad allucinazioni visive.
Alcuni stralci delle lettere di Van Gogh
Le vertigini sono sempre con me.
Lo shock era tale che mi dava la nausea muovermi.
Ora che gli attacchi (di vertigine) sono diminuiti negli ultimi cinque mesi, io ho la speranza di dominarli, o almeno, di non avere più gli attacchi violenti.
Ho rinunciato alla speranza che non torneranno, al contrario, dobbiamo aspettarci che di tanto in tanto dovrò affrontarli.
Le lettere sembrano descrivere perfettamente l’intervallo di tempo senza sintomi caratteristico dei pazienti con la sindrome di Ménière e l’inquietudine derivante da questa condizione:
All’inizio mi sentivo così sconfitto che non avevo nemmeno voglia di rivedere i miei amici e lavorare.
La vita trascorre velocemente e il tempo ormai vissuto non ritorna, e sono fermo con il mio lavoro, ed è proprio per questa ragione che sono consapevole che le opportunità di lavorare non si presenteranno di nuovo. In particolar modo nel mio caso, in cui i violenti attacchi distruggono il mio genio e la mia fantasia per la pittura.
I riferimenti costanti alle vertigini, alla distinzione tra attacchi forti e meno forti, le ripercussioni sull’udito (“quanto a me, ho ancora paura a del rumore e del trambusto di Parigi”) sembrano avvalorare l’ipotesi degli autori. A maggior ragione considerando che la descrizione della sindrome di Ménière non era ben conosciuta quando Van Gogh morì. Spesso, fino al XX secolo, veniva erroneamente diagnosticata come epilessia.
Il taglio dell’orecchio ed il suicidio
Il dott. Felix Rey, medico presso l’ospedale cittadino del comune di Arles, fu chiamato a visitare Van Gogh alle 23:30 del 23 dicembre 1888, il giorno dell’amputazione. E scrisse che il pittore, una volta tornato dal bordello, era “assalito da allarmi e allucinazioni uditive e si mutilò tagliandosi l’orecchio”. Secondo gli autori, lo strano comportamento di Van Gogh suggerisce che il suo acufene era diventato intollerante e che, verosimilmente, l’artista decise di alleviare le “allucinazioni uditive” sradicando la loro fonte.
Non solo l’orecchio: qualcuno ipotizza che il suo stesso suicidio potrebbe essere stata un’estrema reazione all’insofferenza derivante da questa condizione uditiva. Questo non potremo mai saperlo con certezza, così come non saremo mai in grado di sapere se la visita da un audioprotesista gli avrebbe allungato la vita.
L’unica cosa che ci resta da fare per celebrare l’immenso talento di Van Gogh è recarci presso i musei di tutto il mondo e goderci i suoi straordinari capolavori.