Bambini e scuola

Bambino con problemi di udito: alcuni consigli per i genitori

Nel 90% dei casi i genitori di un bambino con problemi di udito vengono da famiglie normo-udenti e non sanno come approcciarsi a questo deficit: qui potrai trovare qualche utile suggerimento.
Specialisti dell'udito
Specialisti dell'udito 02/02/2017 09:00
Condividi:

Nel 90% dei casi i genitori di un bambino con problemi di udito vengono da famiglie composte da normo-udenti. Ciò significa che, nella maggioranza dei casi, quando apprendono questa notizia i genitori si trovano spaesati e assaliti da una serie di dubbi e quesiti a cui stentano a trovare risposta. Dapprima, temono che il deficit del proprio figlio sia invalicabile e definitivo e che possa, dunque, compromettere senza soluzioni la qualità della vita del loro bambino. Poi, quando vengono rassicurati su questo punto, si trovano indecisi sulla strada da intraprendere tra le differenti possibilità di recupero audio-protesico e riabilitativo; e soprattutto sul tipo di educazione che da lì in avanti dovranno adottare per assisterlo nella crescita e nello sviluppo delle sue capacità cognitive.

Una grossa difficoltà è costituita dal fatto che nei primissimi anni di vita è molto difficile individuare l’entità del problema: capire “quanto sentano” i bambini è un’impresa ardua, dal momento che essi sono troppo piccoli per una piena comprensione dei test e per restituire feedback coscienti. Il monitoraggio del medico unito allo sguardo attento del genitore sono essenziali in questa fase, perché è importante cogliere i dettagli del comportamento del bambino che fungono da segnali del suo deficit.

La differenza tra crescere un bambino normo-udente e un bambino con problemi di udito

Crescere un bambino con problemi di udito può non essere molto diverso dal crescere un bambino normo-udente: basta tener sempre presente il comportamento che abitualmente si adotta nei primi mesi o anni della vita di un qualunque bambino: lo si assiste cercando di compensare quelle che sono le sue capacità non ancora formate, andando gradualmente a modificare il proprio approccio in funzione della sua crescita. Ciò vuol dire inizialmente tenerlo in braccio sostenendogli la testa, poi per le braccia quando compie i primi passi e, infine, tenerlo per mano quando ha acquisito un equilibrio autonomo. Ogni cosa, dall’alimentazione ai giochi che gli si propongono, segue normalmente le tappe del suo sviluppo, e stessa cosa deve avvenire per il graduale processo di modulazione della sua “educazione uditiva”.
Secondo questo principio allora, il genitore di un bambino con problemi di udito gli parlerà con modalità̀ idonee alle diverse età, per stimolare in lui l’interazione verbale, gli fornirà di volta in volta gli stimoli e gli aiuti di cui ha bisogno, scegliendoli in base alla fase della sua evoluzione.
Queste fasi e i limiti della sua funzione uditiva, è ovvio, possono essere di più complessa individuazione rispetto all’incapacità di ingerire cibi a cui non è ancora pronto o al restare in piedi, anche perché questi sono limiti di cui si ha già esperienza; ma è per questo che il papà e la mamma devono avere come monito costante l’idea che l’assistenza medica e soprattutto la logopedia siano imprescindibili. Il logopedista può aiutare il genitore a osservare, riflettere e capire come agire al meglio in ogni momento e insegnare al bambino i primi rudimenti del parlare e del sentire.
Tuttavia, è essenziale che il genitore capisca anche che la logopedia e le specifiche strategie di stimolazione non sono da isolare alla visita dal medico ma devono essere parte integrante delle attività̀ quotidiane, in modo da non essere percepite dal bambino con problemi di udito come dei momenti di lezione o di sforzo. Così come ogni volta che gli si presenta l’occasione il papà o la mamma esortano il bambino a tirarsi su, inducendolo a percepire lo stare in piedi come un comportamento finalizzato al raggiungimento di uno scopo, allo stesso modo essi dovranno stimolarlo ad ascoltare, comunicare qualcosa a qualcuno, esprimere il proprio parere o il proprio gradimento su ciò che lo circonda. Solo così la comunicazione diventa un’azione naturale come tutte le altre.

Inoltre, i genitori devono avere ben chiaro che:

– è buona norma che il bimbo tolga l’apparecchio acustico solo quando viene lavato o dorme a lungo, perché deve indossarlo per il maggior numero di ore possibili, in quanto essenziale per il suo sviluppo (lo si lascerebbe mai senza vestiti o senza pannolino?);

– più̀ il bambino indossa l’audioprotesi, più presto si abitua alla sensazione uditiva e fisica di averla, dunque smette di concepirla come un corpo estraneo;

– se il bambino rifiuta di indossare l’apparecchio acustico è importante verificare se ciò è dovuto ha un fastidio fisico o a un eventuale errore di regolazione per il quale egli potrebbe percepire i suoni in modo sbagliato al punto da preferire di non averlo.